Il griko: storia di un fenomeno linguistico del Salento

Fra il secolo VIII ed il secolo XI d.C., il Salento centro-meridionale fu profondamente ellenizzato, per una serie di eventi che contribuirono efficacemente alla nascita di un’isola etnico-linguistica, chiamata comunemente Grecìa Salentina.

L’area ellenofona della Grecìa Salentina è un’isola linguistica nel cuore del Salento. Comprende nove Comuni (Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino), ma anticamente occupava tutta la fascia che si estende, ad arco, da Gallipoli ad Otranto. Ciò che qualifica l’area è la lingua, che è riuscita a sopravvivere nel Salento. L’impronta greca è presente nell’architettura, nella musica popolare, nella gastronomia. Gli elementi greci, fusi con quelli salentini, hanno consentito uno sviluppo culturale autonomo, del tutto originale.

Il griko è, rispetto alla lingua greca ufficiale, esattamente come il dialetto leccese rispetto alla lingua italiana. Pertanto chi sa parlare bene il griko, avendolo appreso da piccolo, non trova molte difficoltà ad imparare la lingua greca in pochi mesi. Centinaia di vocaboli, specialmente quelli inerenti alla vita familiare, affettiva, al mondo agricolo-pastorale, sono identici. Altri termini sono stati alterati, ma è facile ricavare il tema originale. In gran parte uguale sono la grammatica e la sintassi. La difficoltà maggiore consiste nell’apprendere e a leggere e a scrivere speditamente.

Uno studioso greco, Demetrio Lambikis, in una sua operetta pubblicata in Atene nel lontano 1933, “Ellenismo nell’Italia meridionale”, affermava: “La lingua dei poeti greco-salentini è una lingua povera, nel contenuto. E’ fatta per lo più di piccole frasi: è come un quadro sbiadito in più punti e pieno di vuoti… Quelli che parlano – il popolo – non la scrivono; quelli che la scrivono – i letterati – non la parlano. Il cittadino greco, che deve parlare con loro, deve conoscere la lingua italiana o deve pronunciare lentamente e con chiarezza le parole del greco moderno”.

Col passare degli anni, questa situazione di disagio si è accentuata, perché chi oggi parla in griko tende, quasi naturalmente, ad aggiungere parole italiane nel contesto griko, non trovando i vocaboli corrispondenti che nel corso dei secoli sono scomparsi.

Questa tendenza spesso crea effetti comici, perché non solo viene preso in prestito il vocabolo italiano, ma viene declinato o, se si tratta di un verbo, coniugato aggiungendo suffissi e desinenze, a seconda dei tempi e delle persone.

Un altro duro colpo alla lingua grika venne dato fra il 1500 e il 1600 in seguito al Concilio di Trento e alla soppressione del rito greco-ortodosso. Per tanti secoli, il papas, abitando in una casa accanto alla chiesetta, che per proporzioni e altezza non superava mai le case circostanti e che era il punto di ritrovo delle piccole comunità, aveva rappresentato la lingua e la cultura della Greca lontana. Ma quando al papas subentrò il sacerdote cattolico, funzioni religiose, le preghiere e tutta la liturgia furono impartite in latino e le comunità greche furono costrette a pregare in una lingua che non conoscevano: il latino. Così, tutti i paesi che gravitavano sul mare Jonio, abbandonavano la lingua greca, passavano al dialetto romanzo e la Grecìa si riduceva a un’isola linguistica situata nella parte centro-orientale della Penisola Salentina. Nei secoli XVII e XVIII, l’area dei parlanti in griko si ridusse a tredici paesi.

Negli anni venti del secolo scorso, il griko si parlava in nove paesi. Nel 1945, parlavano correntemente in griko gli abitanti di Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Sternatia e Zollino.

Sopraggiunse intanto l’Unità d’Italia e con essa il servizio di leva, istruzione obbligatoria.

I bambini cominciarono a frequentare la scuola dove i maestri insegnavano ai piccoli a leggere e a scrivere usando solo la lingua italiana e, non essendo del posto, non potevano fare diversamente.
Il bambino cominciò così, per la prima volta a considerare la lingua materna come un ostacolo all’apprendimento, vide di fronte a sé delle persone che ridevano dalle parole incomprensibili che inframmezzava nel discorrere.

Motivi storici fin troppo evidenti hanno fatto si che per quasi un millennio la Grecìa Salentina vivesse in assoluta solitudine. Sin dal XII secolo il Canale d’Otranto veniva varcato da imbarcazioni turche per seminare morte e distruzione. Ciò portò all’interruzione di ogni possibilità di comunicazione e di scambio con l’altra parte della sponda Adriatica: la Grecia.

Le relazioni fra Grecìa Salentina e Grecia ripresero solo molti anni dopo.

Ma se questa mancanza di relazioni ha contribuito in maniera determinante a mettere in crisi l’esistenza della Grecìa, la solitudine di tanti secoli ha fatto si che si sviluppasse nel Salento un’area di cultura fra le più originali e genuine esistenti in Europa.

Negli ultimi anni si registra un’attenzione diffusa degli abitanti della Grecìa Salentina per le proprie origini, la propria storia, le tradizioni e, naturalmente, la lingua, che viene proposta soprattutto attraverso i canti popolari ed anche, su iniziativa di associazioni culturali, scuole ed amministrazioni comunali, attraverso dei corsi.

Numerose sono le occasioni per rivivere, nella calda atmosfera estiva, i ritmi frenetici della Pizzica trascinano la folla a danze sfrenate e seducenti. Sagre e feste di paese, ma anche feste private, rievocano antichi gesti, sguardi, riti, profumi, gioie e risate che si propagano e si perdono nelle calde notti estive.

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